Nel modo in cui dovremmo considerare gli animali, il come li nutriamo ha una grandissima importanza. Prendiamo due “razioni” di cibo completamente diverse.
La prima è costituita dalla ricchezza e la varietà floristica dei crinali, le aree rupestri, e le stazioni prative delle Alpi Liguri e Marittime. Su questi pascoli coesistono specie alpine, subalpine, medioeuropee, mediterranee. Una cotica erbosa nutriente e naturale, formata da una gamma amplissima di specie botaniche. La maggior parte di esse appartiene alle famiglie delle graminacee e delle leguminose – tra cui il trifoglio alpino –, e a seguire da composite, ombrellifere, chenopodiacee, labiate…
La seconda, che non deriva direttamente dai prati, è data da un insilato di mais. Quest’ultimo è un buon apportatore di energia e di fibre, ma piuttosto carente di proteine, integrate con mangimi appositi.
Come li nutriamo: gli animali al pascolo

Ora prendiamo una pecora di razza ovina frabosana roaschina. Con un po’ di fantasia, proviamo a immaginare quale razione sceglierebbe. Probabilmente preferirebbe brucare le erbe di alpeggio, naturalmente ricche di nutrienti essenziali, e con profumi e sapori particolarmente graditi al bestiame.
C’è di più. Anche noi possiamo beneficiare degli effetti di un pasto tanto ricco e vario, perché i composti vegetali odoriferi sono in parte solubili nei grassi del latte stesso, che diventano un veicolo attraverso il quale quei profumi passano nel formaggio, e riemergono a nostra disposizione.
Il latte munto da un animale in alpeggio ha una qualità organolettica e biochimica elevatissima: basti pensare, ad esempio, che il rapporto tra gli omega-6 e gli omega-3 si attesta su valori compresi tra l’1 e il 2, e che questo latte è ricco di numerose altre componenti pregiate: l’acido linoleico coniugato (CLA), vitamine e antiossidanti.
Non è un caso se la maggior parte dei formaggi a denominazione di origine nasce dai territori montani, né se ci sono Presìdi Slow Food – come il formaggio di malga del Lagorai, il morlacco del Grappa o il castelmagno di alpeggio – che non riguardano tutta la produzione casearia annuale, ma insistono solo su quella estiva, realizzata con il latte degli animali al pascolo.
Fonti
- Andrea Cavallero e Paolo Aceto, I tipi pastorali delle Alpi piemontesi, Alberto Perdisa Editore 2007
- Armando Gambera e Enrico Surra, Il Gusto del formaggio, Slow Food Editore 2012